Cinque regole non scritte dell’NBA che i giocatori devono rispettare

Ogni sport ha delle regole non scritte: il baseball si basa sul cosiddetto “gioco di quartiere”, attraverso il quale, finchè un giocatore è vicino alla base, che il suo piede lo tocchi o meno, probabilmente sta per ottenere la chiamata che sta cercando; il calcio ha una sua considerazione dell’infortunio, secondo la quale la parola “discutibile” assume un significato completamente nuovo; l’hockey, infine, ha la tradizione della stretta di mano post-serie, dopo che i giocatori si sono scontrati per sette partite. Potremmo continuare a fare esempi, ma arriviamo al punto: il basket non fa eccezione. L’NBA ha arbitri il cui compito è quello di far rispettare le regole scritte nei manuali, ma ci sono molte altre “regole” che non sono scritte da nessuna parte e che hanno ancora un ruolo importante nei risultati delle partite di basket professionistico. Ecco alcune delle regole non scritte presenti nell’NBA.

Le violazioni di corsia non esistono.

Quando un tiratore di tiro libero sta tentando il suo tiro, non importa se gli altri giocatori a terra sono fermi fuori dall’area (come si suppone che siano) oppure no: finché non saltano fino al centro della corsia, non saranno fischiettati per una violazione della stessa.

Su un normale tentativo di rimbalzo, più della metà dei giocatori si muove presto per entrare in posizione: anche in questo caso la manovra è accettata.

In caso di dubbio, eseguire un lancio all’uomo più isolato

La giocata singola più usata nel basket è quella dell’isolamento, sia per necessità – perché non ci sono altre buone opzioni offensive -, sia per tattica progettata precedentemente. Un buon allenatore NBA ha bisogno di una buona ala e di un ottimo ottimo post: a questo punto, gli basterà dire al playmaker di lanciare loro la palla non appena attraversa la metà campo, e poi istruire i quattro giocatori (che sul parquet che non hanno la palla) di allontanarsi il più possibile.

Fare un fallo duro a chiunque… ma non ad una superstar!

Partiamo da un presupposto: realizzare un fallo violento è assolutamente sconsigliato e mai bello da vedere. Tuttavia, se la necessità c’è e il match è sentito, quanto spesso si assiste ad un fallo duro contro una superstar? Consideriamo i Cavaliers delle NBA Finals di qualche anno fa: ci si sarà sentiti liberi di effettuare un duro fallo su Anderson Varejao, se ciò gli avrebbe impedito di ottenere un canestro facile o se si sta cercando di fermare l’orologio.

Ma nessuno ha osato commettere lo stesso fallo su LeBron James. Insomma, anche la celebrità conta a certi livelli.

Come considerare l’infrazione di passi

L‘infrazione di passi è un qualcosa di completamente irrilevante nella moderna NBA, e tutti, dagli allenatori ai giocatori, dai media ai tifosi lo sanno.

Lamentarsi di ciò, almeno guardando al confronto con la cultura europea della pallacanestro, appare essere quindi piuttosto inutile: un arbitro potrebbe (ma non è detto) fischiare se un giocatore compie almeno quattro passi, rendendo evidente la sua infrazione.

Non preoccuparsi di giocare in difesa fino a quando…

Ci sono due varianti alla regola non scritta relativa alla fase difensiva nel basket: la prima è che giocare in difesa non è realmente richiesto fino agli ultimi cinque minuti di una partita NBA; dopo tutto, il risultato del gioco potrebbe essere ancora in dubbio a quel punto del match.

La seconda variante è che la difesa, in tutta la stagione regolare, è sopravvalutata. I giocatori NBA sono in grado di giocare in modo perfetto dal punto di vista difensivo, solo che di solito non si preoccupano di farlo fino a quando non importa davvero.