Lazio, prima società italiana quotata in Borsa: il bilancio ventitré anni dopo

Molti analisti finanziari, non a torto, sostengono che gli anni ‘90, in particolar modo la seconda metà degli stessi, siano stati l’anticamera delle enormi difficoltà che vive il nostro calcio da oltre tre lustri. Una perdita di competitività sotto gli occhi di tutti, che è ben visibile non solo per la proposta calcistica tutt’altro che eccellente della maggior parte dei nostri clubs, ma anche grazie ai numeri.

Sono passati ben undici anni, ad esempio, dalla vittoria di una squadra italiana in Champions League, più di venti, invece, dalla conquista della seconda più importante manifestazione europea per club, che ai quei tempi si chiamava ancora Coppa UEFA. I risultati della nostra nazionale, poi, completano il quadro: dal 2010 al 2020, eccezion fatta per il raggiungimento della finale ad Euro 2012, i risultati sono stati a dir poco disastrosi.

I favolosi anni ‘90, quando il calcio italiano fece il passo più lungo della gamba

Eppure, nei favolosi anni ‘90 il nostro calcio era universalmente riconosciuto come il migliore. Squadre come Cagliari, Genoa e Torino, che negli anni successivi conobbero l’inferno delle categorie inferiori, arrivavano in semifinale o finale di Coppa UEFA, mentre la straordinaria Sampdoria di Boskov giungeva seconda in Champions solo dopo una tiratissima finale contro il Barcellona di Cruijff.

Nella seconda metà degli anni ‘90, però, il nostro campionato raggiunse, probabilmente, le vette più elevate. Sette squadre, di fatto, erano allo stesso livello: Juventus, Milan, Inter, Parma, Roma, Fiorentina e Lazio. Ed è proprio quest’ultima, guidata da un uomo d’affari piuttosto in vista come Sergio Cragnotti, che puntava a scompaginare le carte nel mondo del calcio italiano.

Lo sbarco dell’accoppiata “Eriksson-Mancini”, giunti nella Capitale direttamente dalla Genova blucerchiata, fece comprendere quali erano le reali intenzioni del presidente dei biancocelesti, che nel 1998, con una mossa a sorpresa, decise di fare quotare la S.S Lazio alla Borsa di Milano. All’epoca, la quotazione sui listini finanziari era prerogativa, di fatto, di pochi clubs inglesi, Manchester United in testa.

E Cragnotti, convinto di poter emulare le gesta dei Red Devils (che sconfisse qualche anno più tardi in Supercoppa Europea), optò per reperire risorse tramite i mercati finanziari. Per la prima volta nella storia, i quotidiani sportivi furono costretti a trattare l’argomento finanza, seppur applicata al mondo calcistico. Gli italiani, d’altro canto, non erano certo a digiuno sul tema.

La Lazio in Borsa: il crollo del valore del titolo

Moltissimi nostri connazionali, infatti, sapevano già come investire in Borsa, anche se la cultura finanziaria generale non era certo eccellente. Quest’ultima, fortunatamente, è migliorata col passare del tempo, grazie ai tanti portali finanziari online che offrono una vasta serie di guide, ideate per rendere il risparmiatore maggiormente consapevole delle scelte che effettua in ambito finanziario.

Il battesimo del calcio a Piazza Affari ha una data precisa: 6 maggio 1998. Grazie a quell’operazione, Cragnotti riuscì a racimolare 120 milioni di euro: il 50% finì nelle casse societarie, l’altra metà, invece, andò alla Cirio, colosso del settore alimentare di cui era proprietario il finanziere romano.

Lo stesso Cragnotti, a quei tempi, affermò che la quotazione in Borsa era finalizzata al rafforzamento di un solido e strutturato progetto industriale, grazie al quale la Lazio sarebbe diventata, stabilmente, una grande compagine del calcio europeo. Tra i punti cardine del progetto, lo stadio di proprietà, ricalcando quanto già avveniva in Premier League, rappresentava il fiore all’occhiello.

Un disegno industriale, però, che non vide di fatto mai la luce. Da lì a pochi anni, infatti, Cragnotti si trovò sommerso dai debiti, con Cirio e Lazio di fatto in bancarotta: solo un generoso dilazionamento dei debiti erariali consentì al glorioso club romano di sopravvivere. Ed il titolo, in questi ventitré anni, ha perso oltre il 94% del proprio valore.